Progettare la natura : architettura del paesaggio e dei giardini dalle origini all'epoca contemporánea / Franco Panzini.
Bologna : Zanichelli, 2005.
xii, 372 p. : il.
/ IT / Libros / Arquitectura del paisaje / Jardines – Arquitectura – Historia / Jardines – Historia
📘 Ed. impresa: ISBN 9788808075291
Cita APA-7: Panzini, Franco (2005). Progettare la natura : architettura del paesaggio e dei giardini dalle origini all'epoca contemporanea. Zanichelli.
ehuBiblioteka BCG A-712(091) PRO
https://ehu.on.worldcat.org/v2/oclc/928663753
Bologna : Zanichelli, 2005.
xii, 372 p. : il.
/ IT / Libros / Arquitectura del paisaje / Jardines – Arquitectura – Historia / Jardines – Historia
📘 Ed. impresa: ISBN 9788808075291
Cita APA-7: Panzini, Franco (2005). Progettare la natura : architettura del paesaggio e dei giardini dalle origini all'epoca contemporanea. Zanichelli.
ehuBiblioteka BCG A-712(091) PRO
https://ehu.on.worldcat.org/v2/oclc/928663753
[.it] Dalle linee di Nazca al parco di Versailles, dai giardini di
Kyoto al Central Park di New York e ai quartieri verdeggianti del novencento
questo volumen propone un percorso che attraversa cintinenti ed epoche per
rintracciare i momenti salienti delle tante modalita espressive
dell'architettura del paesaggio.
Franco Panzini è architetto e docente di paesaggistica in numerose università italiane e, come sa chi ha qualche esperienza di insegnamento accademico in questa temperie culturale afflitta da corsi sempre più brevi, spesso ci si ritrova a non avere strumenti adeguati per accompagnare lo studio affannato dei propri allievi. I testi classici di riferimento sono, infatti, ormai troppo complessi o richiedono integrazioni che il ritmo concitato rende proibitive. Molti docenti predispongono dispense; c’è chi progetta grandi affreschi di sintesi che non scriverà mai. Bisogna dare atto al Nostro di essersi cimentato - e, direi, esserne uscito vincitore - in una vera e propria impresa: condensare in 341 pagine di testo scorrevole e pieno di illustrazioni mai banali la storia della costruzione del paesaggio, alla scala territoriale così come nella dimensione circoscritta del giardino, dalle origini all’epoca contemporanea. Al di là delle varie teorie critiche che fissano la nascita della percezione estetica del paesaggio in momenti diversi – che sia l’ascesa al Mont Ventoux di Petrarca o la loggia sulla Val d’Orcia di papa Piccolomini a Pienza o altro – l’autore precisa che fin dall’antico colpisce la bellezza dei grandi spazi, resi regolari dal lavoro dell’uomo che presto ne delimita una parte per colmarla di ulteriori attenzioni – il giardino - e poter trarne un godimento supplementare. E in un dialogo serrato fra le due scale di intervento sono impostati i 10 capitoli che compongono il volume, mentre innerva il racconto che procede in ordine cronologico un’altra importante polarità. Infatti, le vicende della cultura d’occidente, fra vecchio e nuovo mondo, si arricchiscono – credo per la prima volta in modo così sistematico all’interno di un’opera simile per fisionomia e target – di ampi capitoli sulla storia del paesaggio e del giardino orientale, distinguendo spesso fra le varie aree di cui si compone questo vasto mondo spesso solo superficialmente conosciuto. Ne esce un contrasto sintomatico talvolta di opposti modi di intendere lo spazio, come nel caso del capitolo (il sesto) sui grandi giardini di stato europei improntati a criteri scenografici e regolati da assialità e punti di vista all’infinito a cui segue l’excursus sulle realtà asiatiche (cambogiane, cinesi, giapponesi) con tutt’altro assito filosofico a supporto che si traduce in ambientazioni sempre varie ove predominano la linea curva (che devia l’apporto negativo delle influenze dannose che corrono in linea retta) e orizzonti limitati per non dispendere le forze benefiche e preservare la buona fortuna degli abitanti. L’attenzione dell’autore si è rivolta anche a fornire un ulteriore supplemento di informazioni per ampliare le conoscenze relativamente alle essenze utilizzate in quell’area o in quella temperie culturale “mostrando come proprio i grandi parchi o i giardini specializzati e gli orti botanici abbiano giocato un ruolo strategico nella diffusione delle piante al di fuori della loro area d’origine”. Infine, a completare il quadro e a supporto di ogni capitolo, non manca mai un riferimento alla cultura editoriale attorno al tema del disegno del paesaggio con incursioni nella trattatistica e nella pubblicistica più significativa per testimoniare esempi spesso non più visibili, ma talvolta anche per svelare il lavoro dello storico che all’osservazione e percezione dello spazio vissuto accompagna inevitabilmente, nel suo lavoro di ricostruzione, il ricorso alle fonti documentarie. Va rilevato l’ ottimo equilibrio fra la natura didattica dell’opera, con la necessaria e conseguente veste editoriale economica, e la ricchezza in immagini (foto, disegni, ma anche grafici esplicativi) e in apparati, costituiti da un glossario dei termini disciplinari, la cui conoscenza mai va data per scontata, seguito da una bibliografia di riferimento suddivisa per grandi temi ad orientare ed agevolare la ricerca.
Franco Panzini è architetto e docente di paesaggistica in numerose università italiane e, come sa chi ha qualche esperienza di insegnamento accademico in questa temperie culturale afflitta da corsi sempre più brevi, spesso ci si ritrova a non avere strumenti adeguati per accompagnare lo studio affannato dei propri allievi. I testi classici di riferimento sono, infatti, ormai troppo complessi o richiedono integrazioni che il ritmo concitato rende proibitive. Molti docenti predispongono dispense; c’è chi progetta grandi affreschi di sintesi che non scriverà mai. Bisogna dare atto al Nostro di essersi cimentato - e, direi, esserne uscito vincitore - in una vera e propria impresa: condensare in 341 pagine di testo scorrevole e pieno di illustrazioni mai banali la storia della costruzione del paesaggio, alla scala territoriale così come nella dimensione circoscritta del giardino, dalle origini all’epoca contemporanea. Al di là delle varie teorie critiche che fissano la nascita della percezione estetica del paesaggio in momenti diversi – che sia l’ascesa al Mont Ventoux di Petrarca o la loggia sulla Val d’Orcia di papa Piccolomini a Pienza o altro – l’autore precisa che fin dall’antico colpisce la bellezza dei grandi spazi, resi regolari dal lavoro dell’uomo che presto ne delimita una parte per colmarla di ulteriori attenzioni – il giardino - e poter trarne un godimento supplementare. E in un dialogo serrato fra le due scale di intervento sono impostati i 10 capitoli che compongono il volume, mentre innerva il racconto che procede in ordine cronologico un’altra importante polarità. Infatti, le vicende della cultura d’occidente, fra vecchio e nuovo mondo, si arricchiscono – credo per la prima volta in modo così sistematico all’interno di un’opera simile per fisionomia e target – di ampi capitoli sulla storia del paesaggio e del giardino orientale, distinguendo spesso fra le varie aree di cui si compone questo vasto mondo spesso solo superficialmente conosciuto. Ne esce un contrasto sintomatico talvolta di opposti modi di intendere lo spazio, come nel caso del capitolo (il sesto) sui grandi giardini di stato europei improntati a criteri scenografici e regolati da assialità e punti di vista all’infinito a cui segue l’excursus sulle realtà asiatiche (cambogiane, cinesi, giapponesi) con tutt’altro assito filosofico a supporto che si traduce in ambientazioni sempre varie ove predominano la linea curva (che devia l’apporto negativo delle influenze dannose che corrono in linea retta) e orizzonti limitati per non dispendere le forze benefiche e preservare la buona fortuna degli abitanti. L’attenzione dell’autore si è rivolta anche a fornire un ulteriore supplemento di informazioni per ampliare le conoscenze relativamente alle essenze utilizzate in quell’area o in quella temperie culturale “mostrando come proprio i grandi parchi o i giardini specializzati e gli orti botanici abbiano giocato un ruolo strategico nella diffusione delle piante al di fuori della loro area d’origine”. Infine, a completare il quadro e a supporto di ogni capitolo, non manca mai un riferimento alla cultura editoriale attorno al tema del disegno del paesaggio con incursioni nella trattatistica e nella pubblicistica più significativa per testimoniare esempi spesso non più visibili, ma talvolta anche per svelare il lavoro dello storico che all’osservazione e percezione dello spazio vissuto accompagna inevitabilmente, nel suo lavoro di ricostruzione, il ricorso alle fonti documentarie. Va rilevato l’ ottimo equilibrio fra la natura didattica dell’opera, con la necessaria e conseguente veste editoriale economica, e la ricchezza in immagini (foto, disegni, ma anche grafici esplicativi) e in apparati, costituiti da un glossario dei termini disciplinari, la cui conoscenza mai va data per scontata, seguito da una bibliografia di riferimento suddivisa per grandi temi ad orientare ed agevolare la ricerca.
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